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domenica 13 giugno 2010

ROMAGNOLO - ACQUA DEI CORSARI : Il bel litorale perso

Palermo è stata da sempre il nodo commerciale e culturale fra Oriente e Occidente. Al centro del Mediterraneo, luogo strategico di transito, è stata approdo di popoli, di razze, lingue e religioni molto diverse fra loro. Palermo da "Panormus"tuttoporto  è una delle poche città marinare che ha un difficile rapporto con il mare. Poche le abitazioni che guardano il mare, nessuna passeggiata sul lungomare. 




O meglio, una volta, fino agli anni Quaranta, la passeggiata esisteva, quando una grande balconata che si estendeva lungo tutto il foro Italico, consentiva ai passanti di affacciarsi e guardare le onde che si infrangevano sugli scogli sottostanti.
Poi le rovine della guerra, scaricate lungo il litorale, hanno formato un enorme terrapieno, che oggi, finalmente!, con la realizzazione del giardino costituisce una piacevole oasi di verde e consente di raggiungere, sia pure con una bella passeggiata, il mare

In città l´esperienza balneare dei primordi non fu un fenomeno popolare, bensì una prerogativa della aristocrazia
Un tratto di costa, da sempre prediletto dai palermitani, è quello, all’ingresso della città, che va dalla colonnina dell’Immacolata fino ad Acqua dei Corsari e che abbraccia Romagnolo, lo Sperone e la  Bandita.
Era qui che dall’inizio del secolo scorso, fino agli anni Settanta, quando ancora le discariche non avevano costretto ad innalzare divieti di balneazione in tutta la zona, si veniva a fare i bagni negli stabilimenti, che si allineavano l’ uno accanto all’altro lungo la costa e che erano famosi per le loro comode attrezzature e per i pontili in legno, spesso muniti di trampolini, che si allungavano fino a mare consentendo ai bagnanti di scendere in acqua con una comoda scaletta o con uno spericolato tuffo. Per un certo periodo ai pontili attraccava addirittura un vaporetto che faceva rotta per Mondello


Nel litorale di Romagnolo il primo stabilimento che si incontrava, per chi proveniva dalla città, era quello chiamato Risorgimento Italiano: sorgeva presso la Colonnella, nello stesso luogo in cui in precedenza era stato impiantato lo Stabilimento Elena e, ancora prima, l´antico Stabilimento balneare Margherita. Questo era un «grande Stabilimento balneare per sole donne e marito e moglie, fornito di acqua di Scillato», come reclamizzato in un calendario pubblicitario del 1899.
Gli stabilimenti balneari di Romagnolo erano frequentati da una variopinta folla cittadina che vi trascorreva le calde giornate d’estate, trattenendosi in spiaggia dalle prime ore del mattino fino a sera tarda. 

Stabilimento Trieste-Virzì (1896)
Stabilimento Delizia-Petrucci (1900). 

Oltre alla Colonnella sorgevano, invece, due luoghi simbolo delle estati balneari palermitane lo Stabilimento Trieste-Virzì (1896) e lo Stabilimento Delizia-Petrucci (1900). hj
Antonino Virzì fu il fondatore dello stabilimento Trieste-Virzì. A lui subentrò nella gestione il figlio Francesco Paolo e, a partire dagli anni Trenta, i suoi nipoti, uno dei quali andò a gestire una succursale allo Sperone, chiamata Stabilimento Trieste Stella. Dalla fine degli anni Trenta le strutture dello Stabilimento Virzì furono realizzate in muratura lungo l´arenile, e si distinsero per la presenza di due grandi terrazze: una posta all´ingresso dello stabilimento e l´altra costruita sopra un gruppo di cabine, direttamente sul mare.
Lo Stabilimento Delizia-Petrucci, invece, fu fondato da Antonino Petrucci, soprannominato "il galantuomo". Sorgeva davanti al vicolo Spanò e fu gestito dal fondatore fino alla sua morte nel 1922, quando subentrò la vedova Giulia Zunica. Di anno in anno, i due stabilimenti vennero implementati e migliorati. Il Lido Petrucci era dotato di un´altalena e un trampolino per i tuffi, raggiungibili dalla riva a bordo di un´imbarcazione, e di un "campo di nuoto", fiancheggiato da imponenti gradinate dalle quali si poteva assistere alle gare sportive organizzate fra le squadre degli stabilimenti. Presso l´arenile del Lido Trieste-Virzì, invece, veniva innalzata annualmente una monumentale giostra. 
Lo Stabilimento Delizia-Petrucci, in particolare, rinnovava annualmente la sua campagna pubblicitaria inviando agli abituali clienti delle allettanti cartoline postali che, oltre ad elencare i servizi di cui potere usufruire, fra cui:..”Gabine prospicienti sul mare con libera e spontanea circolazione di aria iodata, pomeriggi speciali, serate, orchestra, radiogrammofono, rosticceria e smercio di frutta fresca”, contenevano alcuni versi (un po’ sgrammaticati!) che culminavano con “Chi da Petrucci vien, più non va via:vi si vive,vi si gode e vi si pappa...”.
L’ invito veniva entusiasticamente raccolto dalle famiglie palermitane, corredate da un incredibile numero di bambini di ogni età, ma la proposta di cibi da acquistare in rosticceria veniva sdegnosamente rifiutata a favore di un bel tegame di pasta al sugo preparata dalle donne di casa e di una capace teglia di sarde a beccafico, trionfalmente portati dai più robusti esponenti della parentela. A tarda sera, poi, quando finalmente le compagini familiari, trascinandosi dietro i bambini insonnoliti o addirittura addormentati, lasciavano libero il campo, gli stabilimenti si illuminavano di luci e di suoni per far spazio a comitive più giovani che non intendevano rinunziare al tradizionale bagno di mezzanotte.


L´esperienza balneare della contrada Sperone risale al 1928 ed è legata principalmente ai Bagni della Salute, in contrada Vetrana, impiantati da Angelo Castelli. Accanto a questi, vi era anche uno stabilimento gestito da Vito Bajamonte e lo Stabilimento balneare Savoja di Bernardo Rizzo. Anche alla Bandita, di fronte alla Vetreria Caruso, sorsero nel tempo piccole strutture legate alla balneazione come quelle del 1926 realizzate da Francesco Ermini e, poi passate, nel 1928, alla gestione di Francesco Paolo Sinagra.

Nella zona di Acqua dei Corsari, la realizzazione di una prima struttura risale al 1928 grazie a una istanza presentata dal sacerdote Vincenzo Palermo. Qui, a partire dal 1930, sorse anche lo Stabilimento Santa Rita. Lungo il litorale di Acqua dei Corsari c´era anche il Lido Olimpo ma siamo già nel dopoguerra, aperto nel 1951 dalla famiglia Nolano, e lo Stabilimento Bagni Italia.
La borghesia e la aristocrazia cittadina snobbavano le spiagge di Romagnolo, prediligendo il lido dell’Acquasanta, ma soprattutto Mondello, la ridente cittadina marinara, nata negli anni Trenta, dove avevano sede anche i circoli nautici della città. Il litorale di Romagnolo, tuttavia restava meta prediletta degli abituali frequentatori dei ristoranti a mare, SantopalatoDi Filippo, ma soprattutto Spanò, il più antico di Palermo che si allungava sul mare con palafitte che cul- minavano nelle ampie terrazze del locale, sempre affollatissime da una affezionata clientela.
Da Spanò ,famoso fra tutti i buongustai e' considerato, fino agli anni Settanta, degno di competere con la famosa “ ‘zi Teresa” napoletana, si assaggiavano pasta con sarde e fritti di calamari e gamberi, splendide aragoste, insieme a tradizionali piatti palermitani e specialità provenienti dalle cucine di altre regioni. Negli anni Sessanta, poi, nei pressi della Bandita, era sorto un nuovo ristorante, Renato, che in breve aveva acquisito grande notorietà, soprattutto per i pregiati vini della sua cantina. Punto di ritrovo per i giovani della Palermo bene che volevano esercitarsi nell’arte venatoria era poi, la Tavernetta del Tiro al piccione, conosciuta anche come stand Florio, la pittoresca palazzina in stile moresco, costruita nel 1905 su progetto di Ernesto Basile, poco oltre la stazione a scartamento ridotto di Sant’Erasmo, la bella struttura in ghisa per molti anni abbandonata e ultimamente restaurata per ospitare le manifestazioni di Kals’ Art. Negli ultimi anni, purtroppo, tutta questa parte del litorale palermitano ha subito un forte degrado, 




parzialmente sanato da alcuni spazi recentemente adibiti a spiaggia pubblica (con divieto di balneazione!) e da un grazioso giardinetto realizzato dalla circoscrizione di zona di Acqua dei Corsari.

mercoledì 2 giugno 2010

LA CONCA D'ORO

"In ogni parte e ad ogni passo si incontrano tra i nostri campi, villaggi: ovunque e ad ogni passo orti e giardini: e tutta la campagna è così amena coltivata e ricca di frutta...le coste dei monti sono tutte verdi, ricche di alberi e liete di colture. Gli ulivi, le viti, i mandorli, il sommacco, i fichi d’India...”(Domenico Scina')


“la città è circondata dall’immenso aranceto chiamato la Conca d’Oro: questo bosco di un verde cupo si estende, come una macchia scura, ai piedi della montagna grigia...un alito continuo sale dalla foresta profumata, un alito che inebria la mente...quell’odore che vi avvolge ad un tratto, che fonde la delicata sensazione dei profumi con la gioia artistica della mente, vi tuffa per alcuni secondi in un benessere del pensiero e del corpo che sovrasta la felicità”.(G. De Maupassant)


Palermo sembra aver dimenticato la storia della sua "Conca d'oro" e ignora quanto grande sia ancora  il valore produttivo, culturale e ambientale di cio' che rimane del suo verde agricolo tradizionale. 


La Fossa della Garofala - L'ultimo lembo di Conca d'Oro sull'antico alveo del  fiume Kemonia 
 Un lembo di Conca d'Oro sopravvissuto miracolosamente all'avanzata del cemento , racchiusa fra i palazzi di corso Pisani e la cittadella universitaria di viale delle Scienze, un paesaggio dimenticato di Palermo, di ipogei e complessi sistemi di irrigazione, di specie botaniche esotiche e di esemplari di macchia mediterranea.


 Quindici ettari di terreno che fu parte dell'elegante parco di Luigi Filippo d'Orléans che si sviluppa lungo l'originario tracciato del fiume Kemonia, che assieme al Papireto delimitava la città punica. Il nome deriva dal primo proprietario di cui si conosce l'identità , Onorio Garofalo, alla fine del XV secolo. Poche le notizie successive, fino all'acquisto, alla fine del Settecento, da parte del principe di Aci, che vi realizza una stazione agricola sperimentale, una tenuta di caccia e un castelletto ancora visibile che sorge su un terreno privato.
Nel 1809 Luigi Filippo d'Orléans, sposando Maria Amelia di Borbone, figlia di Ferdinando IV, lo acquisisce come dote della moglie e vi realizza il suo parco fuori le mura. Il duca Enrico d'Aumale, figlio di Luigi Filippo, amplia il possedimento, realizzando una tenuta agricola fra le più belle della Conca d'Oro. Dalla fine del XIX secolo il parco si avvia verso una fase di abbandono, fino a quando - intorno al 1950 - viene comprato dall'Università .

Per la sua particolare conformazione geologica calcarenitica, la Fossa della Garofala fu utilizzata come cava a cielo aperto per l'estrazione di materiale edile dal periodo punico e romano fino al XVII secolo. Molto interessante è il complesso di gallerie e cisterne che si dipartono da una cavità , al centro della quale si trova un gazebo in ghisa di fine Ottocento che sovrasta un'enorme vasca circolare. Ma non minore è l'interesse botanico. Un'idea di parco, diffusa nell'Ottocento, dove l'utile e il dilettevole si confondono, dove emergono tra la vegetazione manufatti funzionali alla coltivazione e ispirati alle tecniche agricole arabe: gebbie, pozzetti di derivazione, condotte di adduzione in terracotte, torri per il sollevamento dell'acqua che, prelevata dai pozzi, veniva distribuita in tutto il parco.


http://www.unipa.it/~arbor/varie/brochure_garofala.pdf



 

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