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martedì 25 maggio 2010

La Sicilia non vuole cambiare

"NOI FUMMO I GATTOPARDI,I LEONI; QUELLI CHE CI SOSTITUIRANNO SARANNO GLI SCIACALLETTI,LE IENE; E TUTTI QUANTI GATTOPARDI,LEONI,SCIACALLI E PECORE , CONTINUERANNO A CREDERCI IL SALE DELLA TERRA"..



Noi Siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione,che non parlavano la nostra lingua,a spaccare i capelli in quattro.Se non si faceva cosi' non si sfuggiva agli esattori bizantini,agli emiri berberi,ai vicere' spagnoli. Adesso la piega e' presa,siamo fatti cosi'..; (da il gattopardo)

Il Gattopardo -Il romanzo racconta la vita del Principe Fabrizio Salina, appartenente ad un antico casato siciliano che ha come simbolo il gattopardo. Siamo nel 1860 e i garibaldini stanno per prendere il posto del regno borbonico (all’inizio c’è un breve “cameo” di Re Ferdinando). Il Principe e la sua famiglia – tra cui l’amato nipote Tancredi – devono decidere se stare dalla parte “dei piemontesi” o sostenere i Borboni, perché presto ci sarà un plebiscito. Nel frattempo Tancredi si innamora di Angelica, figlia di don Calogero Sedara, un borghese ricco ma poco istruito e piuttosto rozzo. I tempi stanno proprio cambiando e, come dirà lo stesso Tancredi in una frase divenuta ormai celeberrima: “"Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi!". Ecco all’ora che il Principe decide di sostenere i garibaldini e di acconsentire al matrimonio di Angelica e Tancredi. Alla fine don Fabrizio, vecchio e rassegnato, forse non è più il “gattopardo” dell’inizio del libro, ma rimane un personaggio misterioso, i cui pensieri e vere opinioni non saranno mai del tutto chiari al lettore.

sabato 22 maggio 2010

Il Castello a Mare - Palermo




















In epoca normanna Palermo era dotata di due grandi fortezze, una a monte:Palazzo dei Normanni  e una a mare, appunto  il Castello a mare o Castelloammare posto all'imboccatura del porto per controllarne l'accesso
Quando nel 1922 le ruspe della ditta McArthur di Londra, su disposizione del governo fascista e in nome della presunta necessità di ampliamento delle infrastrutture portuali, intrapresero la demolizione del Castello a Mare per avviare la costruzione del grande molo trapezoidale, a nulla valsero gli appelli degli intellettuali dell'epoca, dal soprintendente ai Monumenti Francesco Valenti al direttore del Museo nazionale Ettore Gabrici, per evitare uno degli scempi più assurdi consumati a Palermo, con l'eliminazione di quel formidabile presidio militare che, per oltre un millennio, aveva assicurato il controllo delle aree portuali e delle zone di ormeggio.L'impresa appaltatrice fu solerte: in poco più d'un anno fu portata a compimento la demolizione, da cui si salvarono, in parte, solo il mastio e l'antica porta d'accesso. Quindi, nell'area del Castello - affacciato sulla Cala, l'antico porto della città - e sulle sue rovine, cominciarono a sorgere edifici industriali e si avviò un degrado inesorabile, con accumulo di enormi quantità di detriti, scorie, materiali tossici... Lentamente la città perse memoria di uno dei suoi luoghi "simbolo"! 

La configurazione attuale del molo trapezoidale venne stabilita a partire dal 1922 nell’ambito della realizzazione del “grande porto” su commissione del “Consorzio Portuale di Palermo”; si attuava allora la distruzione del forte dell’antico Castello a Mare per dare spazio ad un’ampia zona per la dogana, favorendo lo sviluppo del commercio e delle industrie, ma di certo peggiorando il rapporto della città con il suo mare.
I lavori di trasformazione delle attrezzature portuali, potrattisi fino al dopoguerra, insieme al progressivo interramento della Cala e del lungomare, privarono un buon tratto di costa del rapporto diretto con il mare.
[PDF] Regione siciliana Assessorato dei Beni culturali e dell'Identità ...










lunedì 17 maggio 2010

LA CITTA' VIOLENTATA

Negli ultimi cinquanta anni il rapporto tra Palermo e il suo territorio, la Conca d'Oro, ha subito trasformazioni tanto profonde quanto mai era avvenuto nei millenni di storia precedente. Processi di urbanizzazione male o poco controllati, passati alla storia come "il sacco di Palermo", hanno profondamente eroso un territorio agricolo di mitica fertilità cancellando un'attività economica che, da parte sua, non è riuscita a modificare il suo obsoleto carattere produttivo 

Negli anni 50 con Gioacchino Scaduto sindaco di Palermo, si dispiega il sacco di Palermo che poi raggiunge l'apice con l'accoppiata Lima-Ciancimino.

Le contraddizioni di una citta'

Palermo è una città piena di contraddizioni, ricca di storia e piena di miseria, terra vissuta dai tanti cittadini onesti, capaci di dare la vita per i grandi valori civili e morali per cui si sono battuti, ma abitata anche da pochi mafiosi che ne abbrutiscono l’immagine e ne disperdono lo sviluppo. Eppure, nella sua antica architettura secentesca, questa città, tagliata in quattro spicchi dalla croce spagnola dei Quattro Canti (Piazza Vigliena), in memoria della vittoria cristiana di Carlo V° , si proiettò, ricca del suo passato, nella Bella Epoque ottocentesca, divenendo una delle città più importanti d’Europa, per costume e per cultura. Sempre movimentata e sempre illuminata. Artefice della nuova arte del Ducrot e del Liberty palermitano esportati in tutta Italia, tanto da impreziosire, a Roma, gli arredi del Parlamento di Montecitorio. Ma quella è anche l’Epoca dell’architetto Ernesto Basile, con le sue ville sparse per la città, come il preziosissimo Villino Florio, in viale Regina Margherita a pochi passi dalla Zisa e, tra tutti, il grandioso Teatro Massimo, il terzo in Europa dopo i teatri dell’Opera di Parigi e di Vienna. Ma è anche il periodo dell’Esposizione Nazionale del 1891/92, che ancor più proiettò Palermo nel circuito internazionale. 


Palermo, capitale della Sicilia, sebbene con tutte le sue  contraddizioni e' una citta' da amare.

L'Oreto perduto

“scorre a mezzogiorno del paese un grande e grosso fiume che si appella Wad ‘Abbas, sul quale sono piantati molti mulini, ma l’acqua di esso non si adopera all’irrigazione degli orti nè dei giardini...la maggior parte dei corsi d’acqua nei terreni sono utilizzati per l’irrigazione di giardini...e i frutteti sono situati a buona distanza dalle acque e non sono irrigati naturalmente, come avviene in Siria...numerosi corsi d’acqua scorrono da ovest ad est e dove l’acqua corrente è in grado di far girare un mulino e d’altronde in più punti vi sono mulini in attività. Lungo questi corsi d’acqua dalla fonte alla foce nel mare, si stendono acquitrini e terreni coperti da cespugli, dove cresce la canna di Persia, orti e campi che producono zucche...non si trova alcuna persona intelligente, abile né realmente competente in alcuna branca scientifica, né animata da sentimenti nobili e religiosi…”(Ibn Hawqal)Mercante e geografo persiano che visita Palermo nel 973

L’Oreto nasce tra Monte Matassaro, Renna e Cozzo Aglisotto, percorre per circa 19 km la Valle della Conca d’Oro; ha la sua foce tra il piccolo ex porticciolo di S. Erasmo e le discariche dei residui bellici. Di ciò che era splendido, resta ben poco. 
Per comprendere il valore storico e culturale della valle dell’Oreto dobbiamo sempre premettere che, pur essendo di ridotto sviluppo, essa costituiva una delle vie di penetrazione tra le più interessanti del territorio della Sicilia occidentale in quanto consentiva di collegare il golfo più importante dell’isola, quello di Palermo, sede, peraltro, di consistenti insediamenti umani fin dalla più remota preistoria, con le valli dello Jato e, attraverso questa con quella del Belice e, quindi, con il versante costiero meridionale. 

Cari ricordi Palermo in bianco e nero - In the mood-Glen Miller

Palermo ha spesso rinnegato intere fasi del suo passato.

domenica 16 maggio 2010

BALARM - la mia citta'

PANORMUS CONCA AUREA SUOS DEVORAT ALIENOS NUTRIT
Antica e bella,splendida e graziosa,ricolma di cose da abbagliare la vista e da sbalordire le menti. Ricca e tormentata, citta' di giardini e di acque,di sollazzi e di delizie di  chiese, strade, musei e biblioteche;un patrimonio cosi' vario e articolato che non sempre  trova eguali in altre culture. eppure:

L'attuale situazione antropologica di Palermo e' caratterizzata fondamentalmente dalla contraddizione permanente di due cultlure; la cultura della poverta' e la cultura borghese.
La prima che ha per protagonisti nuclei consistenti di sottoproletariato,si manifesta nelle fatiscenti abitazioni sorte nelle zone piu' povere dei quartieri popolari.
La cultura borghese e' presente lungo alcune arterie principali e nei nuovi nuclei edilizi di un certo prestigio

Il VATICANO VESTE PRADA

QUANTO COSTA IL VATICANO ALLO STATO ITALIANO

e le stelle stanno a guardare

«… in quell’universo chiuso, abbrutito che era il mondo contadino della sicilia feudale, lo zolfataro è entrato come un personaggio demoniaco: era un uomo diverso, privo del tradizionale senso della roba e del denaro, che rischiava la vita ogni giorno e che ha brutalmente introdotto una diversa visione del mondo».
      Leonardo Sciascia..
Le zolfare non furono solo un elemento di sostentamento per le popolazione e di arricchimento per i proprietari, ma anche, purtroppo, causa di sofferenze, tragedie e lutti. L’estrazione dello zolfo dalle viscere della terra ed il suo trasporto per la fusione, prima nelle calcarelle e successivamente nei calcaroni e, dopo il 1859, nei forni Gill, fu possibile solo grazie al lavoro massacrante e disumano di uomini e, ancor di più ragazzi, i cosiddetti “carusi”, che cominciarono a lavorare in miniera fin dalla più tenera età.I “carusi” partivano all’alba e tornavano con il buio, restando sepolti vivi per tutto il giorno, a decine e decine di metri dalla luce.

 

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